Google, storia della startup che l’ha trascinata davanti all’Antitrust

Google, storia della startup che l’ha trascinata davanti all’Antitrust

Google, storia della startup che l’ha trascinata davanti all’Antitrust


Per Hoda questo è un ostacolo alla concorrenza. Il Gdpr consente di esercitare il diritto alla portabilità anche affidandosi a un intermediario, spiega Siliprandi. In sostanza posso incaricare un’azienda di andare a reclamare da un’altra i miei dati. Google si trincera dietro due ragioni: una tecnica (in sostanza, non può sviluppare un’interfaccia ad hoc solo per Weople) e una di sicurezza (non dà i dati in giro affinché non finiscano nelle mani sbagliate). “Il titolare è garante della sicurezza del dato fino alla fase di trasferimento – osserva Alessandro Rossini, avvocato che assiste Hoda -. Nel momento in cui una persona ha esercitato il diritto alla portabilità, non è più suo interesse cosa fa il nuovo titolare”. L’Antitrust, peraltro, osserva che la procedura di Takeout è “articolata e complicata” e “scoraggia l’esercizio da parte degli utenti della portabilità dei dati”. I dati forniti da Hoda indicano una riduzione del 90% delle richieste dalla sua introduzione.

Il predominio delle big tech

L’Antitrust ha riconosciuto che Google “detiene una posizione dominante in diversi mercati che consentono di acquisire grandi quantità di dati attraverso i servizi erogati (Gmail, Google Maps, Android) e nel 2021 ha realizzato un fatturato di 257,6 miliardi di dollari”. Secondo l’ente Google avrebbe ostacolato l’interoperabilità nella condivisione dei dati, di fatto comprimendo il diritto alla portabilità, limitando i benefici che i consumatori potrebbero trarre dalla valorizzazione delle informazioni e ostacolando la capacità degli operatori alternativi di sviluppare business innovativi.

Siliprandi non nasconde le difficoltà di questi anni. “Abbiamo chiuso il bilancio del 2021 a un punto di pareggio – dice – e quindi dal terzo anno inizieremo a distribuire marginalità alle persone, come avevamo promesso”. Ma, spiega, “non abbiamo avuto l’affermazione del nostro business model, i dati si ottengono a fatica. Abbiamo dovuto razionalizzare i costi, non confermare due contratti di apprendistato e non fare troppa pubblicità. Dal 2023 deve cambiare“. L’obiettivo di Weople è mettere in mano agli utenti la responsabilità sulla monetizzazione dei loro dati.

Rossini osserva ironicamente che “Hoda è stata fin troppo antesignana. Ma il Gdpr parla chiaro sulla portabilità, tuttavia le linee guida sono fortemente disattese”. E a livello europeo “si va nella direzione di riconoscere il ruolo degli intermediari” per sbloccare lo strapotere delle big tech. Lo prevedono regolamenti come il Digital services act e il Data governance act. Ma anche le linee guida sul diritto di accesso ai dati, approvate dal Consiglio dei garanti della privacy europei a gennaio e sottoposte a consultazione pubblica, riconoscono il ruolo di “società che forniscono servizi per consentire ai titolari di dati di fare richieste di accesso attraverso portali”. Nella loro indagine sui big data, presentata nel 2020, Antitrust, Garante privacy e Autorità garante delle comunicazioni osservano che iniziative come Weople “potrebbero fungere da strumento di consumer empowerment potenzialmente in grado di superare in parte le descritte limitazioni derivanti dall’attuale disciplina del diritto alla portabilità dei dati, in termini di contribuzione alla costruzione di una consapevolezza da parte degli utenti circa il valore economico dei loro dati personali, grazie all’ottenimento di una remunerazione per l’utilizzo di tali dati da parte di soggetti terzi”.

L’Antitrust, che condotto ispezioni nelle sedi di Google con l’aiuto della Guardia di finanza, lo ribadisce nel provvedimento contro Mountain View: la portabilità dei dati “offre ad operatori alternativi la possibilità di esercitare una pressione concorrenziale su operatori come Google” e “può offrire agli utenti la possibilità di conseguire il massimo potenziale economico dall’utilizzo dei dati personali, anche attraverso modalità di sfruttamento alternative a quelle attualmente praticate dall’operatore dominante”. Ora Google ha 60 giorni per rispondere e l’Antitrust si è data fino a giugno 2023 per stabilire un verdetto. Siliprandi, ovviamente, spera in una risposta prima: “Possiamo costruire un nuovo marketing, coinvolgendo gli utenti, più inclusivo, trasparente e sostenibile dal punto di vista sociale”. Per Weople la partita è ancora aperta.



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di Luca Zorloni www.wired.it 2022-07-15 05:00:00 ,

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